Non c’è niente da farci: odio scrivere i riassunti. L’ho
sempre odiato, anche alla scuola elementare, quando la maestra credeva che il
compito più esaltante da poter dare ai suoi alunni fosse un riassunto. Allora si
trattava di riassumere qualcosa che non avevo scritto io: leggevo il brano e mi
chiedevo: cosa ti è rimasto impresso?? Bene, scrivevo un riassunto in cento
parole; magari era una schifezza, magari ciò che mi era rimasto impresso erano
le cose più strane e meno importanti, ma il riassunto era fatto. Ed era corto.
Perché, sì, ho il dono della sintesi, ma nonostante ciò odio
fare i riassunti. Soprattutto ora che sono obbligata a riassumere ciò che ho
scritto io!
Breve prefazione: la settimana prossima mi laureo in Lingue,
tesi sul cinema western e la cultura americana. La mia relatrice – santa professoressa
che mi ha sopportato in questi mesi – alla mia domanda: “Prof, come mi preparo
per la discussione?”, ha risposto: “Comprati un bel paio di tacchi e impara a
camminare.” Oltre a queste indicazioni pratiche, mi ha consigliato di preparare
un discorso per la commissione in cui mostro la mia tesi; il consiglio
principale è stato: “Sii breve, non superare i 5 minuti, altrimenti ti
interrompono a metà.”
Ok, sintesi può anche essere il mio secondo nome, ma davanti
alla schermata bianca del computer vado in panico: COME ACCIDENTI SI FA a
scrivere un riassunto di cinque minuti di un lavoro lungo 40 pagine che ti ha
tenuto impegnato per almeno 3 mesi?? Non è una questione di chiedersi cosa è
più importante, perché dopo averci lavorato così tanto, tutto mi sembra
importante! Sarò strana, ma credo che i dettagli più particolari siano ciò
danno “colore” ad un’opera, quelli che distinguono il tuo lavoro da quello di qualcun
altro. Ma, ahimé, sono obbligata a sforbiciare qua e là.
La stessa cosa mi è successa circa due mesi fa, quando ho
deciso di inviare il mio romanzo ad alcune case editrici; la stesura della
sinossi è stata la mia morte. Se per scrivere un libro di 400 pagine ci ho
messo anni, è anche vero che non è stato uno sforzo, ma un piacere, un hobby
per riempire i pochi momenti liberi, una piacevole valvola di sfogo. La famosa “sinossi
di due cartelle circa”, invece, è stata traumatica: credo di averla cambiata
almeno dieci volte, il tasto CANC ha quasi un solco a forza di premerlo e alla
fine, quando ero convinta che mi sarei arenata a quello scoglio e che non avrei
mai mandato il manoscritto a nessuna casa editrice per colpa della sinossi, ho
scritto di getto alcune frasi.
Penso che sia una sinossi schifosa, ma temo di non poter
fare di meglio.
Sì, ho il dono della sintesi, potrei riassumere questo post
in due righe, ma farebbe pena.
Se c’è qualcuno che invece riesce a scrivere riassunti
coerenti che allo stesso tempo siano avvincenti, interessanti, che non facciano
cadere la testa del lettore addormentato di lato, per favore, si faccia avanti.
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